Che gli animali siano esseri senzienti, capaci di provare sensazioni, emozioni, sentimenti, come ben sanno tutti quelli di noi che ospitano in casa un cane o un gatto, è ormai provato.
Una mucca, un maiale, un cavallo, una pecora, una gallina,  non sono molto diversi da un cane, da questo punto di vista. Sono tutti intelligenti, curiosi e, se gli si dà la possibilità di esserlo, anche infinitamente affettuosi. Ognuno di loro nasconde in sè un mondo infinito di emozioni da scoprire.

Ma tutti questi animali vengono invece trattati come cose, per poterli sfruttare meglio e indiscriminatamente, viene loro negata ogni forma di sensibilità e intelligenza.

L’attività di allevamenti, mangimifici, impianti di macellazione e catene di distribuzione deve funzionare al 100 per cento della sua capacità di produzione per risultare economicamente compatibile con i livelli produttivi richiesti dal mercato e mantenere il prezzo di carne, latte e uova accessibile al maggior numero possibile di consumatori.

Un enorme impero economico basato sullo sfruttamento di povere e inermi creature.
Per essere sostenibile, la zootecnia chimica e intensiva deve quindi massimizzare i profitti basandosi sul ribasso delle spese.

Ormai il 99% degli allevamenti è intensivo: per ottenere questa massimizzazione del profitto gli animali vengono allevati in spazi ristrettissimi, senza mai la possibilità di uscire alla luce del sole. Solo l’1% della carne in vendita proviene da allevamenti biologici dove gli animali godono di un miglior trattamento rispetto ai loro fratelli imbottiti di farmaci e imprigionati a vita (breve per fortuna) in luoghi angusti e mal aereati.

Dobbiamo ricordare però che anche gli animali che godono di un trattamento migliore alla fine saranno macellati per finire anonimamente nel banco frigo di qualche macelleria o supermercato.

I macelli sono sempre nascosti alla vista del pubblico: per potersi nutrire di animali, le persone devono mantenere intatta la loro coscienza e allontanare il pensiero della loro uccisione, delegando questo atto finale agli esperti del settore. Poche persone infatti ucciderebbero da sè gli animali di cui si nutrono!

Ci deve essere separazione tra l’immagine dell’animale vivo e la sua carne.

Nel corso della sua vita (80 anni in media), ogni italiano uccide per cibarsene circa 1400 animali tra bovini, polli, tacchini e altri volatili, maiali, conigli, cavalli.  Un numero impressionante di vite che dovrebbe pesare sulla coscienza di chiunque si nutra delle agonie di altri esseri viventi.

Non rendersi complice di questa strage legalizzata, rinunciando quindi a carne, pesce e gradualemente a tutto ciò che proviene dallo sfruttamento degli animali, è il primo passo che ciascuno può compiere senza bisogno di alcuna autorizzazione da chicchessia. E’ la rivoluzione del singolo che può cambiare l’impostazione di una società sbagliata, impostata sulla violenza, sull’applicazione della legge del più forte sul più debole.

Ogni qualvolta ci apprestiamo quindi ad acquistare la famosa “fettina” fermiamoci un attimo a riflettere sul fatto che quella fettina apparteneva ad un essere vivente, dotato di occhi cuore cervello esattamente come noi e che esattamente come noi voleva vivere la SUA vita e, facendolo, allontaniamo gli occhi da quel pezzo di carne grondande sangue e dolore per posarli invece sui meravigliosi e sgargianti colori che la natura ci offre attraverso i suoi frutti gustosi che possiamo vedere quotidianamente esposti nel reparto verdure di un qualsiasi supermercato.

by Ivana R.

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