Vegetariani, perché?

Molte possono essere le motivazioni che determinano una scelta così radicale di stile di vita. Una scelta molto personale e profonda.

Certamente è una scelta controcorrente, nella quale una parte rilevante è costituita dalla nostra capacità di liberarsi dai condizionamenti delle abitudini e dei modelli prevalenti nella nostra cultura.

Le nostre radici alimentari sono in gran parte carnivore. Pochi hanno avuto la fortuna di nascere da famiglie vegetariane.

Quindi si tratta di un percorso fortemente voluto, certamente mai casuale o occasionale, se non nel punto di inizio.

Una delle principali motivazioni di tale scelta è il rispetto per gli animali, ma non solo. Infatti è più corretto dire che la scelta vegetariana rispetta la natura in generale

A questa affermazione si può obiettare che anche il consumo di verdure e di vegetali in generale può causare danni alla natura e sofferenze alle piante.

In linea puramente teorica tali argomentazioni possono avere un loro fondamento e ne tratteremo alla fine.

Ovviamente ci riferiamo ad argomentazioni basate sulla buona fede e sul desiderio di conoscenza. Abbiamo ben presente tuttavia che talvolta le stesse considerazioni vengono utilizzate solo con intento polemico ed evasivo, che allontana dal problema centrale, di cui si sta discutendo.

Soffermiamo l’attenzione quindi sul rispetto degli animali e della natura. Vedremo infatti che questi due aspetti sono sempre strettamente interconnessi.

Facciamo prima una analisi oggettiva.

La popolazione degli umani sta crescendo a dismisura. Oltre 6 miliardi sono i viventi ed è prevista una stabilizzazione intorno ai 10 miliardi verso il 2050.

E’ praticamente domani, riferendoci a fenomeni demografici, cui necessita porre attenzione con grande anticipo rispetto al loro possibile verificarsi. Inoltre, se del caso, occorre impostare assai tempestivi provvedimenti di rettifica del trend, provvedimenti che si basano sostanzialmente su lentissimi processi culturali, normativi e sociali.

E’ quindi giustificato iniziare a preoccuparsene subito, perché forse abbiamo già perso del tempo prezioso.

Fino a pochi anni fa solo un terzo della popolazione del pianeta aveva condizioni economicamente evolute e disponeva di mezzi di sostentamento sufficienti a garantire una condizione di vita confortevole.

I fenomeni di globalizzazione, di facilità di comunicazione e di trasporto da una parte all’altra del mondo hanno imposto all’attenzione le disparità esistenti e quindi la necessità di promuovere lo sviluppo anche delle parti del pianeta che oggi sono prive di risorse sufficienti.

Occorre evidenziare che l’aiuto alle popolazioni sofferenti non è più una scelta caritatevole e magnanima, bensì obbligata. La comunicazione ed i trasporti consentono a queste popolazioni di fare dei confronti e di pretendere, a costo anche della vita, condizioni migliori. Indietro non si torna.

Una parte del PIL di quasi tutti i Paesi occidentali è destinata ad incentivare lo sviluppo delle aree più arretrate. Come auspicato, il processo così agevolato dovrebbe garantire la rapida crescita del PIL anche delle zone disagiate, consentendone l’aumento dei consumi.

Quindi l’effetto sull’aumento dei consumi in generale, e delle risorse alimentari in particolare, è sottoposto a due contemporanei fenomeni di crescita: il numero dei consumatori e i consumi pro-capite. La prospettiva è una progressione esponenziale delle quantità di cibo necessarie.

Ovviamente tutti sono contenti: gli imprenditori aumentano la produzione e la loro ricchezza, i lavoratori guadagnano di più e si possono permettere maggiori consumi.

Se restano immutati gli standard di alimentazione cui i Paesi più ricchi sono malauguratamente devoti, vi sarà una corsa a concentrare i consumi sul tipo di cibo più intensamente proposto: la carne.

La carne è un alimento il cui ciclo di produzione può essere accelerato, intensificato ed accresciuto in termini di resa, molto più dei prodotti vegetali, il cui ciclo è annuale o semi-annuale. Inoltre i ritorni economici dell’allevamento sono superiori a quelli dell’agricoltura. Da qui il grande pressing pubblicitario sui consumi di carne, ben al di là di qualsiasi necessità fisica.

In concreto, i numeri che seguono sono utili per riflettere (dati FAO pubblicati nel 2010 relativi a 2009):

 

  • I 36 dei 40 Paesi più poveri del mondo (prevalentemente in Africa ed America Latina) attualmente esportano più del 60% di cibo coltivato verso gli Stati Uniti e l’Europa, cibo usato da questi ultimi a scopo alimentare per gli animali da carne.
  • 852 i milioni di persone che soffrono di fame, di cui 815 nei paesi sottosviluppati, 28 in quelli in transizione e 9 nei Paesi industrializzati.
  • 1 miliardo 300 mila: le persone che potrebbero essere nutrite con grano e soia destinati ai bovini.
  •  40%: la quota di cereali coltivati al mondo per nutrire persone.
  •  60%: la quota coltivata di cereali per nutrire bestiame nel mondo.
  •  9 milioni di acri: il terreno destinato alla coltivazione di vegetali, frutta e semi.
  •  56 milioni di acri: il terreno destinato alla coltivazione del fieno destinato a nutrire gli animali da allevamento.
  •  260 milioni: acri di foresta distrutta per fare spazio a pascoli.
  •  20 mila: i bambini che muoiono di fame ogni giorno.
  •  10 mila: i chili di patate che si ottengono da 1 acro di terra.
  •  63: i chili di manzo che si ottengono da 1 acro di terra.
  •  5000 tonnellate: di antibiotici impiegate negli allevamenti europei. Di cui 1.500 per favorire la crescita degli animali.
  •  1000: animali estinti ogni anno a causa della distruzione delle foreste pluviali.
  •  3 dollari: costo di un chilo di proteine presenti nel frumento.
  •  31 dollari: costo di un chilo di proteine animali.
  •  260 anni: durata delle riserve se tutti fossero vegetariani.
  • 13 anni: durata delle riserve petrolifere mondiali se tutti gli esseri umani fossero carnivori.
  •  500 mila chili al secondo: produzione di escrementi da parte di tutti gli animali d’allevamento negli Usa.
  •  120 milioni di chili: i rifiuti tossici prodotti ogni giorno dagli allevamenti di polli negli Usa.
  •  17 miliardi: i dollari spesi ogni anno per dare da mangiare agli animali nella sola Europa.

Sono dati troppo lontani dalla nostra quotidianità per essere interessanti? Allora pensate a questi, che sono relativi ad un solo, più importante produttore di carne italiano:

  • 3000 i capi di bestiame (bovini suini) macellati ogni giorno. Faccio notare, a chi legga superficialmente queste cifre, che sono 2 animali al minuto per 24 ore.
  • 745.000 i capi di bestiame macellati all’anno.

Di quanto dovranno essere moltiplicate queste cifre asettiche, ma già assolutamente spaventose, per far fronte agli incrementi dei consumi di cui abbiamo parlato? Quanto dovremo devastare il nostro pianeta per una così scellerata scelta alimentare? Saremo ancora degni o in grado di stare qui dopo tali devastazioni?

La necessità di variare i nostri stili di vita mi sembra già abbastanza evidente. Il consumo di carne devasta l’ambiente ed è destinato ad annientarlo. Solo una piccola notazione per i più interessati. Gli escrementi degli allevamenti intensivi non possono essere riutilizzati direttamente in agricoltura, perché troppo contaminati da farmaci ed altre sostanze chimiche, di cui la loro alimentazione è innaturalmente ricca. Ma questa è solo la parte di indagine quantitativa, oggettiva come abbiamo detto. I più agnostici avranno già detto con ostentata sufficienza: numeri come tanti altri, che tutti i giorni ascoltiamo e che ci bombardano fastidiosamente la mente. Infatti, sopra questa tabella FAO c’era scritto: “I numeri dell’indifferenza”. Questo è il comportamento che segnerà il nostro destino.

L’indifferenza diventerà atterrita attenzione solo quando sarà troppo tardi e sarà a carico di una generazione in gran parte incolpevole.

Spero vivamente (appunto) di sbagliare. Fortunatamente esiste una crescente fascia di popolazione che si sente sempre più coinvolta e preoccupata anche per gli aspetti soggettivi del problema, di cui stiamo trattando. La sofferenza degli animali. E per una volta l’attenzione centrale non è sull’uomo, ma sull’animale. L’uomo è egocentrico. Si è sempre posto al centro di tutto. Ci sono voluti secoli e molte tragedie, per convincerlo che lui non era il centro dell’Universo, dove oltre lui ci sono 100 miliardi di galassie, come la nostra Via Lattea, la quale ha oltre 100 miliardi di stelle, di cui una è il Sole, da cui dipendiamo totalmente. Dobbiamo ammettere che l’uomo non si era sbagliato di poco quando dottamente e dogmaticamente sosteneva di essere il centro dell’Universo. Per analogo egocentrismo, l’uomo ha autonomamente deciso che tutto quello che ha trovato sul pianeta è suo e può disporne e farne scempio a suo piacimento. Purtroppo non vi è alcuna entità in grado di contraltare il suo sogno egemonico. Anzi, spesso questo sogno perverso è incoraggiato perché rappresenta il fulcro del proselitismo presso le comunità sociali, politiche, economiche, religiose. Ingannati, ma potenti. Invero, qualche autorevole voce si è elevata nel passato e tutt’oggi vi sono profondi e attendibili studiosi che pongono un problema di responsabilità dell’uomo verso le altre forme di vita, animali e vegetali. Ma, “vox clamanti in deserto”, non sono ascoltati o peggio sono passati per le armi della più aspra critica al servizio dei poteri forti della terra. Quanti secoli dovranno ancora passare per convincerci, sulla base delle già disponibili numerose evidenze, che occorre ridimensionare il nostro ego e prestare attenzione responsabile verso tutto quello che ci circonda? Vorrei a questo punto tornare ai nostri amici animali. Questi animali sono i nostri compagni di viaggio sul nostro pianeta.

Perché abbiamo deciso che devono essere salsicce, bistecche, prosciutto ecc.? Per loro sfortuna si trovano a vivere in una epoca di consumismo sfrenato. Sono solo prodotti, privi di dignità e di diritti. Per soddisfare i nostri appetiti dovrebbero nascere già nelle vaschette incellofanate. Capisco, nella storia passata la sopravvivenza era molto incerta, più difficili e brutali le relazioni tra uomo e il suo prossimo. Uomo e animali condividevano durissime esistenze. Non c’era spazio per la pietà. I sentimenti delle persone non erano educati ad avvertire alcun rispetto per il prossimo, chiunque fosse. Per divertimento si scannavano gli schiavi nei circhi ed ogni altro vivente. Da quella visione della vita si sono fatti passi enormi, si sono codificati i diritti di tutti: cittadini, fuggiaschi, prigionieri, carcerati, malati, ecc.. In alcuni, pochi Paesi sono state emesse alcune norme a protezione anche degli animali, quelli d’affezione principalmente. Forse perché se stanno male si intristisce anche il padrone e …  questo è da evitare. Qualche normativa è stata dettata anche per gli altri molto più sfortunati compagni di viaggio: gli animali da allevamento. Vogliamo mangiare il nostro pezzo di carne senza rimorsi sulla coscienza. Il peso potrebbe non favorire la nostra digestione e …. anche questo da evitare. Poche le previsioni di tutela per gli animali selvatici, salvo quelli rari. Gli altri sono oggetto di sistematico e pubblico sterminio. Il risultato: nel mondo macelliamo 60 miliardi di animali l’anno, 180 milioni il giorno! Una carneficina indegna. In alcuni casi operano distratti, burocratici e annoiati controlli di strutture pubbliche sulle modalità di macellazione. Per altri, la maggior parte, non c’è il minimo ritegno, forse c’è pure la partecipazione divertita dei carnefici. Ho letto che in alcuni macelli si rubano la pistola a vicenda per poter sparare alle bestie. Ma eccezioni a parte, siamo incoerenti e totalmente succubi del profitto.

Un esempio
Anche il nostro Paese ha ammesso la macellazione islamica ed ebraica, senza stordimento. Perché? Se ci siamo dati una legislazione, perché comprometterla? Non la riteniamo giusta oppure ce ne freghiamo perché dall’altra parte c’è un essere vivente, senziente ed indifeso, ma senza facoltà di voto e non ha la possibilità di esprimersi. Per noi ha valore solo da morto, poco importa come. Credo che quella vera sia la seconda ipotesi, la più vile. Tutto avviene nella più completa indifferenza ed assenza di senso di responsabilità. La catena di “smontaggio” non fa eccezioni: 30 secondi, ma anche meno, avanti un altro. La loro vita finisce, dopo un’esistenza pietosa, fatta di sofferenze e di violenze. La carne è sempre stato un alimento per l’uomo, ma occorre ricordare che soltanto pochi decenni fa la carne era un piatto d’eccezione per la massima parte delle famiglie. Il pollo veniva mangiato la domenica, non due volte al giorno. Eppure erano robusti e in salute. Un tempo l’animale aveva una vita dignitosa fino al momento della sua morte.

Era quasi un elemento della famiglia contadina. Si trattava di un maiale, forse di una mucca, qualche pollo e coniglio. Questo era quanto veniva consumato in un anno da una intera famiglia. Nella loro alimentazione erano più sobri e responsabili di noi. Agli effetti dell’animale non fa molta differenza, la sua vita è comunque segnata. Ma la differenza sta nel nostro attuale comportamento irresponsabile e bulimico. Per ridurne i costi e aumentare i consumi di carne, oggi l’allevamento è fatto di terribili strumentalizzazioni, dove neppure le funzioni vitali sono lasciate alla natura: alimentazione forzata, fecondazione artificiale, fertilità indotta, privazione degli spazi, aria riciclata, ecc. ecc. …. giù, giù per i gironi dell’inferno. E come potete credere che la carne sia un cibo sano? Con periodica regolarità arrivano notizie di gravissime irregolarità nell’allevamento del bestiame. Attenzione le irregolarità sono rispetto alle norme di allevamento, non alle norme naturali di esistenza degli animali, che ormai sono perfino dimenticate. Occorre ammetterlo: si continua a consumare carne perché non si ha la volontà di guardare in profondità ai vari aspetti del problema. Allora i vegetariani hanno semplicemente saputo dire basta a tutto questo. Basta con la sofferenza degli animali. Gli animali sono tutti indistintamente creature che, come noi, provano emozioni, dolore, affetti.

Devono avere pari dignità, anche se non son capaci di leggere e far di conto. In parte la vita di oggi, egocentrica, acritica, distratta, conformista non riesce a dare adeguata rilevanza al rapporto uomo-animali, nonostante che qualche buona predisposizione d’animo sia presente in molte persone. I più recenti studi di etologia provano con dovizia di risultati che gli animali sono esseri con capacità di base simili alle nostre. Le difficoltà di far affermare e riconoscere in modo generalizzato questi studi di etologia e di filosofia morale, assomigliano alla sorte degli studi che negavano la nostra centralità nell’Universo. Con una importante differenza aggravante, che adesso stiamo depauperando il Pianeta e stiamo commettendo quotidianamente orribili violenze verso gli indifesi. L’accorgersi dell’errore non ci salverà. Muovendo dalle attuali abitudini, non si può smettere di alimentarsi con carne, se non dopo aver fatto un approfondito ragionamento su tale decisione. Ragionamento personale, che riguarda le possibilità alternative di nutrirsi in modo corretto e completo, con grandi benefici per la salute e per lo spirito, finalmente “cruelty free”. Nei nostri Paesi occidentali, dove c’è abbondanza di tutto, le fonti alternative di alimentazione non sono certamente un problema. Le sofferenze degli animali sono documentate e disponibili per tutti gli interessati. Il resto è come smettere di fumare. Occorre un po’ di volontà interiore. Quando si è disintossicati dal riflesso condizionato pasto=carne e ci si è liberati dalla martellante pubblicità di prodotti animali, ci si accorge che il gusto di un piatto vegetariano è assai, assai più gustoso di un pezzo di morto. In più la nostra coscienza è a posto in quanto:

  • altri si sfamano con quello che è stato risparmiato, eliminando la alimentazione degli animali,
  • il pianeta è sottoposto ad un minore livello di sfruttamento e di inquinamento,
  • gli animali ritornano ad un ciclo di vita equilibrato e naturale,
  • il nostro fisico ne ricava notevoli benefici.

“Last but not least”. La prevalente alimentazione è fatta di ogni varietà di cereali, legumi, frutta, verdure e loro derivati. La scelta è ampissima. Ci sono centinaia di varietà a disposizione, in particolare nel nostro Paese mediterraneo. Al momento del raccolto la pianta ha terminato il suo ciclo di maturazione ed è pronta a rilasciare il chicco o il frutto per la sua successiva rinascita. Alimentarsene non provoca alcuna sofferenza alla pianta. La parte residua della pianta può essere riutilizzata per la concimazione del terreno in modo naturale, senza dispersioni e sprechi. Non vi sono ancora studi che affermino con sufficiente certezza la sofferenza delle piante, ma ne seguiamo attentamente l’eventuale svolgimento. Credo fermamente che restituire dignità di vita agli animali, sia la via per recuperare anche la nostra dignità di “dominus”, non quale dominatore insensato, dedito alla sfruttamento ed alla distruzione di ogni risorsa disponibile, ma quale padrone coscienzioso e responsabile della conservazione e del rispetto di quanto tutti noi abbiamo trovato al momento della nascita e che sarebbe giusto lasciare in buone condizioni alle generazioni future.

Marco Ciuti

«Finchè ci saranno macelli, ci saranno campi di battaglia.» «Se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani.» (Lev Tolstoj, 1828-1910) 

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