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SINERGIA TRA POLITICI E ANIMALISTI

Tra animalisti e politici sono frequenti confronti di idee dai quali emergono basilari differenze di visioni della nostra presenza sul pianeta, anche quando si trattano questioni pratiche quotidiane.

Tuttavia mi sembra interessante osservare che, nonostante le due visioni abbiano fondamenti concettuali pressoché opposti, si potrebbero sviluppare sinergie essenziali per entrambi.

Perché politici e animalisti sono diversi?

Il politico ha una visione concentrata sulla evoluzione (o involuzione) della società umana che, nella sua accezione più ampia, ricomprende anche il rapporto con gli animali, come elemento incidentale e strumentale. Ciò spiega perché sono pochissimi i politici che abbiano presentato un serio programma animalista.

Gli animalisti, nella vasta diversificazione di vegetariani, vegani, biocentrici, antispecisti, estinzionisti, ecc. hanno come unico o quantomeno principale obiettivo la difesa e la liberazione della condizione animale. Ritengo anche ovvio che di fronte alla più diffusa insensibilità della nostra società consumistica, che manifesta comportamenti irresponsabili ed acritici, motivati da esteriorità e plagiati dalla pubblicità, la difesa degli animali debba spesso pervenire a manifestazioni estreme al fine di salvare tutte le vite che sono salvabili e di scuotere le menti assopite.

Ecco quindi la prima differenza sostanziale. Il politico si adopera per dare soddisfazione ai bisogni prevalenti della società umana, perché dal successo di questo suo impegno gli deriverà il consenso per proseguire nella sua opera. L’animalista svolge azioni e manifesta idee che si pongono in antitesi alle idee dominanti nella nostra società ed il suo comportamento è dovuto a scelte che avrebbero il consenso degli animali, non necessariamente degli umani.

Il politico opera in un contesto normato che tutela l’espressione delle sue opinioni e spesso ritrae dalla sua attività compensi economici che sostengono lui e la sua attività. L’animalista non ha alcuna copertura normativa, addirittura in alcuni Paesi le associazioni animaliste sono considerate eversive, e comunque non ritrae alcun emolumento dalla difesa degli animali, ma al contrario finanzia personalmente le sue iniziative.

Non proseguo nell’analisi delle diversità, che invero sarebbero ancor più numerose nelle motivazioni e nelle prospettive esistenti nei due schieramenti.

Ma se si tratta di posizioni opposte dove stanno le sinergie?

L’animalismo interessa ai politici in funzione del possibile apporto di nuovi consensi, inoltre, trattandosi di concezione relativamente innovativa, contribuisce a migliorare la loro immagine di modernità e di progresso.

La politica interessa agli animalisti perché è il tramite per conseguire stabili miglioramenti della condizione animale che siano normativamente tutelati.

In entrambe le posizioni vi sono reciproche diffidenze perché il politico non riesce a quantificare il vantaggio ottenibile da sue eventuali dichiarazioni animaliste, mentre sa per certo che si inimicherebbe le potenti lobbies che hanno enormi interessi nello sfruttamento degli animali.

L’animalista non riesce a valutare la garanzia che il politico scelto come rappresentante possa concretamente offrire per conseguire i provvedimenti richiesti.

Ecco che, per “salvare capra e cavoli”, il politico tenta di ingraziarsi il mondo animalista attuando una strategia di compromesso. Ad esempio, dichiarando che la parte politicamente avversa omette l’osservanza delle norme sulla cura degli animali, omissioni cui lui porrebbe rimedio. Ho recentemente ascoltato una breve intervista a un candidato Sindaco di Roma che lamentava l’inefficacia dell’Ufficio del difensore civico dei diritti degli animali e prometteva di intervenire incisivamente secondo le richieste delle Associazioni animaliste da lui ascoltate.

In altri casi viene argomentato con convinzione che solo il sistema socio-politico proposto dal suo orientamento politico è compatibile con l’animalismo e garantisce una serie di provvedimenti rivolti alla salvezza degli animali. In entrambi i casi viene dimostrato che i tempi sono maturi e che oggi, diversamente dal passato, il messaggio animalista può riscuotere l’attenzione dei politici.

Dall’altra parte, l’animalista valuta del tutto insufficiente l’attuale copertura normativa dei diritti animali che sono soggetti viventi con pieno diritto alla propria libera e naturale esistenza, di cui dovrebbe esserne impedito lo sfruttamento. Nell’impossibilità di avere accesso agli ambienti legislativi per spezzare l’assedio agli animali, l’animalista ritiene di non avere altro modo che irrompere con azioni e manifestazioni di piazza, sfidando anche il dissenso dei politici che trovano la loro legittimità proprio nel rispetto dell’assetto socio-politico costituito. Inizia così una sorta di conflitto che impedisce l’ottenimento di favorevoli risultati per entrambi. Resta però inevitabile che il mondo animalista debba impegnarsi a conseguire anche il patrocinio degli ambienti politici, altrimenti è destinato a restare un movimento di protesta, irrilevante sul piano pratico per la soluzione stabile della condizione animale.

Occorre però evitare che il sistema politico possa sfruttare il mondo animalista, acquisendo meriti nominali senza poi impegnarsi seriamente a realizzare i provvedimenti auspicati. Per evitare ciò non c’è altro da fare che quantificare la forza in campo e organizzarla per dirigerla in modo univoco e plateale a favore dei rappresentanti prescelti ed anche orientarla senza remore verso la penalizzazione di quei politici che abbiano svolto sanguinarie campagne antianimaliste, e ce ne sono tantissimi, sia nelle aule parlamentari che nelle amministrazioni locali.

Da tempo non riesco a dare una spiegazione al fatto che nessuna delle maggiori associazioni animaliste abbia preso in seria considerazione un concreto avvicinamento politico. Forse vi è il timore che i numeri della nostra parte non siano così elevati? In tanti anni di interesse animalista, ancora oggi trovo nuove associazioni attive in Italia, le petizioni raggiungono spesso centinaia di migliaia di sottoscrittori, i forum in difesa degli animali sono frequentatissimi. Credo che lo scetticismo sui numeri dipenda anche dalla nostra indolenza ed incapacità di realizzare incisive campagne di aggregazione. Tutto nel nostro mondo animalista è episodico, non si ama una visione strutturata ed unitaria della nostra azione che mantenga una forte correlazione eventi-risultati ed in particolare manca la disponibilità a fornire la informazione accentrata di iniziative ed aderenti.

Cosa si potrebbe chiedere subito ai politici animalisti.

Cose semplici, ma di grande effetto:

  • abolire i finanziamenti e i contributi di sostegno agli allevatori, ai circhi con animali, agli zoo, alla pesca, ecc., dirottandoli verso l’incentivazione di prodotti vegani;
  • abolire la pubblicità ministeriale in favore del consumo di prodotti animali, sostituendola a quella per prodotti vegetali;
  • accentuare il rigore nei controlli in tutti gli ambienti di reclusione degli animali (laboratori, allevamenti, canili, circhi, negozi e fiere, ecc.);
  • avviare l’analisi dei costi sostenuti dalla sanità per le malattie correlate al consumo di alimenti di origine animale (analogamente a quanto fatto a suo tempo per il fumo di sigaretta);
  • quantificare l’impatto ambientale causato dagli allevamenti intensivi in Italia.

Ovviamente niente di tutto ciò coincide con l’ideale animalista che vuole gli animali salvi e liberi, ma l’inversione di tendenza della nostra società non può aspettare la correzione morale di tutta la popolazione. Intanto iniziamo a far funzionare le istituzioni esistenti per ottenere qualche risultato in favore degli animali. Quando la carne o il pesce, per effetto dei mancati incentivi economici e dei ferrei controlli, costasse 100€ al KG invece di 10€, sotto il profilo morale non si sarebbe ottenuto niente, ma intanto la gente sarebbe costretta a modificare le proprie abitudini e molti esseri innocenti non sarebbero torturati.

In secondo luogo dovrebbe essere costituita una Autorità per la Condizione Animale, analogamente a quella della Privacy o delle Telecomunicazioni, con poteri sanzionatori autonomi.

In terzo luogo si dovrebbe finanziare la predetta Autorità con il pagamento di percentuali sui budget pubblicitari delle aziende che sfruttano l’immagine di animali. Perché gli attori devono essere pagati a peso d’oro e gli animali sono gratis?

Inoltre si dovrebbero prevedere agevolazioni per le attività di difesa degli animali quali: maggiori poteri per le guardie zoofile e spazi gratuiti di comunicazione da parte della associazioni animaliste attraverso i media di Stato.

Non si capisce perché vi sia tanta ritrosia ad avviare un processo del genere che invece dovrebbe essere sentito come uno dei primi compiti delle maggiori associazioni animaliste, che riscuotono i nostri contributi volontari. Non c’è nulla da perdere rispetto alla attuale situazione di emarginazione e di stallo, non vi sono costi aggiuntivi ed i primi effetti sarebbero immediati.

Certamente dovrebbe restare immutato l’instancabile ed appassionato impegno dei volontari e delle associazioni per promuovere la maturazione morale della società, intanto i provvedimenti sopra indicati andrebbero comunque verso la giusta direzione, agevolando la diffusione del nostro ideale.

Marco Ciuti

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